La psicoterapia psicoanalitica individuale mira a conoscere i processi inconsci che condizionano il paziente e a individuare, come in una radiografia, ciò che nel paziente è inconscio. Il suo scopo è quello di rendere cosciente, con la massima chiarezza, ciò che al momento è inconscio.
E' uno strumento per comprendere se stessi, ossia uno strumento di autoliberazione, che mira a raggiungere uno stadio più alto dell’essere, e a vivere una vita più significativa di quella dell’individuo comune.
E' il metodo che svela la realtà inconscia dell’individuo. Il compito dell’analisi individuale è di aiutare il paziente a percepire le cause della sua infelicità.
Nella psicoterapia psicoanalitica individuale l’analista studia i sogni, le fantasie, le associazioni del paziente, e impara a conoscerne i desideri e le angosce segrete. Il fine è la conoscenza di sé.
La conoscenza di sé ha un effetto terapeutico. Si propone di portare a livello cosciente le esperienze infantili più significative – quelle patogene – non solo a livello razionale e conoscitivo, ma principalmente a livello affettivo, per arrivare all’eliminazione dei sintomi.
Il paziente deve essere aiutato a rivivere emotivamente determinate esperienze infantili (patogene), che sono quelle che, senza che se ne renda conto lo influenzano o agiscono in modo particolare su di lui. La semplice conoscenza dei motivi della sofferenza non implica di per sé alcun cambiamento, a meno che non sia accompagnata da una conoscenza affettiva.
Individuare ciò che è stato rimosso significa innanzitutto farne realmente l’esperienza, e non solo a livello razionale , ma anche a livello emotivo. L'idea, così diffusa, che la semplice conoscenza dei motivi implichi già la guarigione è errata. L'individuo nasce con determinate doti, ma di solito fallisce, e la sua vita è una tremenda lotta per riuscire a fare qualcosa di tutto ciò che possedeva alla nascita.
(Eric Fromm)
Affinché, nel percorso psicoterapeutico, ciò possa realizzarsi la personalità del terapeuta ha un’importanza determinante “Poiché il paziente ha bisogno dell’altro per intraprendere una costruzione interiore di sé, il terapeuta deve riuscire a donare ciò che di energia espansiva è in lui, sviluppando e arricchendo l’altro in questa interazione continua che diviene in realtà uno scambio in cui dando e donando al paziente il sé profondo, si finisce per costruirsi a nostra volta, per completarsi e determinarsi nella più vera condizione dell’essere umano. Sostituire all’architrave spezzato, l’architrave sano. E’ un trapianto d’organo.
Se è vero, come è vero, che sentirsi amato, circondato da affetto, rispetto e libertà, produce sicurezza e sviluppa psicologicamente l’armonia evolutiva dell’individuo, questo atteggiamento è la base per una psicoterapia dell’animo, proprio per i fattori arcaici che ne sono alla radice. Questo affetto per l’altro non deve essere personale, poiché così sarebbe un tradire lo spirito delle parole dette poc’anzi, ma oltrepassando il confine del singolo che è dinanzi, deve essere capacità espansiva verso l’altro, nel dono attivo di sé, con l’oblio di sé. Deve essere il modo in cui un essere fa il dono psichico del proprio valore all’altro, senza interdire la verità dell’altro. E direi che in ogni psicoterapia ciò è basilare.
Non è possibile avvicinarsi all’intimo di un altro e pretendere che costui si apra, si umili, tocchi il fondo di sé, se non gli si dà una garanzia profonda inconscia, a nostra volta, di noi stessi.” L’altro che ci chiede aiuto non è colpevole del suo sbagliare, ma è la vittima.
Colpevolizzarlo di questo, è come far piovere sul bagnato. Bisogna invece accettarlo così com’è, amarlo nella sua umanità offesa, e dargli quello che la famiglia non gli ha potuto dare.
(Fabrizio Di Giulio)